Testimonianze sulla cultura alimentare della tradizione cremonese
Il cibo racconta la storia della nostra terra
Innanzitutto occorre rimarcare che in Italia esiste, e resiste, un patrimonio di saperi e di pratiche culinarie che nei secoli la storia ci ha consegnato. La nostra penisola si caratterizza per la peculiarità territoriale e regionale del cibo che diviene pertanto elemento dimostrativo dell’attaccamento antropologico alla tradizione. Nella cucina italiana in genere, il legame col passato è persistente, nonostante le continue aggressioni della cosiddetta modernità. La gastronomia del territorio, anche di quello cremonese quindi, è legata in particolare ai prodotti dell’agricoltura, all’allevamento del bestiame e alla conseguente lavorazione del latte.
Secondo la tradizione, la cucina locale cremonese risulta distinta per aree territoriali: cremonese, cremasco e casalasco. Nel nostro progetto, abbiamo pensato quindi di distinguere, già nel questionario proposto agli alunni del corso enogastronomico, le tre diverse zone del territorio, per una ricerca delle testimonianze della cultura alimentare del passato il più possibile rispettosa della “ geografia culinaria” del territorio provinciale cremonese”.
Fra i primi piatti, si distinguono i marubini, ossia ravioli,noti fin dal Cinquecento, con il ripieno di carne di bovino magra messa in brasato, carne di vitello, arrostita al forno o al tegame e carne di maiale cucinata in tegame. Le carni così preparate e macinate sono amalgamate con grana padano, uova, noce moscata, pane grattugiato e sale. I marubini vanno serviti in brodo, meglio se composto da tre brodi riuniti: gallina, manzo e salame da pentola.
A Crema la pasta ripiena diventa agrodolce con i tortelli cremaschi, che sono il risultato di un’influenza veneta e si mangiano asciutti. Nel loro ripieno dolce e salato si mescolano: amaretti, uva sultanina, cedri canditi, biscotti speziati (detti mostaccini) e marsala. Questi ingredienti si amalgamano dando ai tortelli un gusto insolito che può ricordare, sia la cucina speziata veneziana, che quella arabo mediterranea.
Nel casalasco per le paste ripiene è dominante la zucca, (rinomata quella di Casalmaggiore), che caratterizza molti primi piatti tradizionali. I tortelli di zucca sono condivisi con i mantovani . Un’altra pasta ripiena casalasca è rappresentata dai blisgòon, tortelli di zucca dalla forma allungata che scivolano, da qui la loro denominazione; sono un po’ più grandi di quelli mantovani, da condire con soffritto di lardo e pomodoro, ma anche con burro fuso e grana.
Tra le paste ripiene ci sono da aggiungere i tortelli al torrone, prodotti in questi ultimi anni da una gastronomia cittadina. Il ripieno presenta un delicato equilibrio tra ricotta e torrone locale.
La presenza di allevamenti suini nel nostro territorio è documentata fin dall’epoca romana perciò ampia e saporita è la gamma di salumi del cremonese, con specialità uniche come il cotechino vaniglia, con l’impasto dolce, il salame da taglio e il salame da pentola, prodotto con carne magrissima. C’è poi il testoss, cotechino di forma irregolare con la testina di maiale nell’impasto; si mangia stufato con le verze a Cremona e con la polenta a Crema. Il salame Cremona IGP è frutto della lavorazione di carne suina selezionata e aromatizzata con sale e aglio pestato, insaccato in budelli naturali. E’ grazie alla perfetta integrazione degli ingredienti che il salame Cremona risulta così aromatico e speziato al palato, profumato e di colore rosso intenso.
Tradizionale è la salamina mista e i verzini, salamini composti da tagli magri e grassi di sola carne suina, macinati e impastati. A Cremona si produce anche la mortadella Bologna IGP.
Caratteristico è il gran bollito cremonese, secondo tipico in tutta la provincia. Si tratta di un piatto preparato con tagli pregiati di manzo, vitello e gallina. L’aggiunta di testina, lingua di vitello e salame da pentola lo differenzia dagli altri. Il bollito deve avere almeno cinque tagli di carni diverse. Nella cucina locale è rimasta memoria degli allevamenti d’oca, un tempo molto diffusi in tutto il cremonese con le briseule, ovvero le braciole d’oca, con la trippa in brodo d’oca e con il fegato grasso.
Ad accompagnare questo vasto assortimento di carni possono concorrere diversi contorni o salse: legumi cotti, caldi o freddi. Tutte le purées di patate, di carote, di spinaci, lenticchie, la salsa verde calda o fredda, la salsa con verdure in agrodolce, e non possono mancare i fagioli a cui è legata un’antica definizione dei cremonesi detti “mangia fagioli”.
Da non dimenticare i formaggi che hanno la denominazione DOP provolone valpadana, grana padano, taleggio, quartirolo lombardo, gorgonzola e il salva cremasco.
Discreta la varietà dei dolci dei quali si ricordano la sbrisolosa di Cremona ( cugina della mantovana sbrisolona) il bussolano di Soresina e la spongarda di Crema. Sono però il torrone e la mostarda i prodotti simbolo della gastronomia dolce del cremonese. Entrambi tipici delle feste natalizie; il primo bianco, durissimo con le mandorle, ha origini molto antiche. Oggi Cremona dedica a questa specialità una festa autunnale durante la quale la città si anima e celebra questo dolce prodotto d’eccellenza ormai prodotto nei modi più svariati: classico, morbido, al cioccolato ecc. Dolci della tradizione sono anche i bumbunéen, biscotti secchi di forme diverse con farina bianca e gialla, aromatizzati con mentine polverizzate e scorza di limone; la torta paradiso, la torta Cremona con la glassatura a rombi ottenuta con marmellata di albicocche e zucchero al velo. La torta bertolina con la farcitura di uva fresca. Gli isolini prodotti a Isola Dovarese, le uféle prodotte a Calvatone. A Crema la treccia d’oro con pasta lievitata cotta al forno con canditi d’arancia e cedro con uvetta.
La mostarda, nelle sue varietà dolce e piccante, è presente su tutte le tavole cremonesi la sera della vigilia di Natale, accompagnata dai classici bolliti, ma anche consumata con formaggi . Si confeziona con frutta intera o a pezzi (pesche, albicocche, fichi , pere, ciliegie, mandarini ecc). La frutta viene candita e lasciata poi riposare in uno sciroppo di zucchero, miele, vino bianco e senape.
I piatti raccontano la nostra storia e alle nostre tradizioni culinarie. Essi erano consumati nel corso di speciali ricorrenze religiose o profane.
Risulta importantissimo quindi non disperdere questo patrimonio di memoria ma farlo rivivere. Noi ci abbiamo provato, grazie all’impegno dei nostri alunni che hanno così imparato a coniugare una cucina sana con l’economicità di prodotti gustosi della nostra terra.
Interviste ai “ custodi” delle tradizioni alimentari cremonesi
L’intento del progetto è stato quello di riportare alla luce, per poi rivisitarle, alcune ricette tradizionali della cucina locale.
Abbiamo chiesto pertanto agli studenti del nostro corso enogastronomico di raccogliere delle interviste attraverso la somministrazione di un questionario.
Gli intervistati erano persone anziane, custodi della memoria, ( conoscenti, nonne,zie, mamme ecc. ) tutte ben documentate sui modi di cucinare e sulle preparazioni realizzate per “creare” i piatti della tradizione.
I questionari sono stati poi elaborati ed hanno fornito alle classi di enogastronomia materiale per realizzare dei menù della tradizione, facendo in modo che fossero i piatti a raccontare la storia della nostra terra.